domenica 12 gennaio 2014

La vicenda del voto alla Regione Piemonte- Una battaglia legale che deve essere da ammonimento per il futuro

Ricostruzione tratta dal libro:
Stella e Corona, Sogni, utopie e brogli elettorali nella democrazia elettorale italiana 1946 - 2011.
di Giorgio Galli e D. V. Comero (uscito nel novembre 2011)


Piemonte. Un'altra battaglia legale post-voto
Una nuova conta e le liste di Cota
Nella primavera del 2010, subito dopo lo scrutinio dei risultati elettorali sono emerse due grosse dispute conseguenti ai tentativi, della sinistra, di rivincita per via giudiziaria dell’elezioni regionali in Piemonte e Lombardia. Ci sono state altre code giudiziarie anche in Puglia e Lazio, per problemi sul meccanismo di assegnazione dei seggi.
Nel caso delle elezioni regionali del Piemonte è accaduto che i perdenti, non si sono rassegnati di aver perso per pochissimo. Dopo il voto sono partite le contestazioni degli sconfitti (UDC, il candidato presidente perdente Mercedes Bresso) che hanno trascinato i vincitori nelle aule dei tribunali amministrativi e penali di Torino e Roma.
Il leghista Roberto Cota nel marzo 2010 ha vinto di un soffio, con una coalizione Lega-Pdl più altre liste minori. Mercedes Bresso perde con una coalizione Rifondazione-Pd-UDC più altre liste. Alla Bresso mancano 9.157 voti. Uno scarto dello 0,4%, imputabile sostanzialmente ad un imprevisto successo della Lista 5 Stelle di Grillo, che elegge due consiglieri, nonché alla caduta di consenso in Val Susa, l’area interessata alla costruzione della ferrovia TAV.
Ai primi di maggio 2010, l’UDC e la lista dei Verdi — insieme alla Bresso — presentano ricorso al TAR contro la proclamazione ufficiale degli eletti e contro le liste “Consumatori”, “Al centro con Scanderebech” e “Pensionati” di Michele Giovine. A fine giugno il neopresidente Cota, sentendo puzza di bruciato, spara subito alcuni colpi preventivi, con una manifestazione di piazza.



Una sentenza di oltre 100 pagine per la nuova conta
A metà luglio il TAR del Piemonte accoglie il ricorso contro Cota. Le motivazioni sono depositate il 28 luglio, proprio il giorno prima dell’inizio della battaglia interna al PDL con la fuoriuscita di Fini del PDL, a Roma. Il TAR del Piemonte annulla i provvedimenti di ammissione alle elezioni di due liste — Al centro con Scanderebech e Consumatori — e ordina una “conta” delle schede delle liste rigettate in base ad un criterio totalmente nuovo.
I voti delle due liste andranno classificati in tre categorie:
— quelli alla singola lista,
— quelli con la doppia croce (lista e candidato presidente Cota)
— infine quelli disgiunti, con croce su altro candidato presidente.
Il testo della sentenza è sicuramente sproporzionato, appare più un saggio di un eccellente professore di scienza della politica, scritto benissimo, senza una sbavatura, che una rigorosa applicazione delle norme elettorali vigenti.

“Allo scopo di acclarare…”
Quest’operazione di nuova conta, che non è un riconteggio, come ha ben scritto Massimo Introvigne, è giustificata dal TAR con oltre cento pagine di motivazioni.
I magistrati del TAR scrivono: «Ciò stante, restano da acclarare quali ulteriori, eventuali, concreti effetti demolitori possano discendere dal parziale decisum fin qui assunto, avuto riguardo, in particolare, alla proclamazione degli eletti alla carica presidenziale, nonché alla ripartizione dei seggi in seno al Consiglio Regionale.»
I giudici amministrativi dopo aver annullato le liste e quindi i voti relativi, con motivazioni brillanti, ma assolutamente non adatte al caso, si fermano ad “acclarare”. Cioè non sanno che cosa fare e prudentemente non dicono a che cosa può servire tutta la nuova conta, per cui: «Riserva, all’esito dell’anzidetta attività acquisitiva, eventuale ulteriore attività istruttoria in merito alla ridefinizione delle Cifre elettorali delle liste ed al conseguente riparto dei seggi in seno al Consiglio Regionale.»
Gli estensori della sentenza si rendono conto che “gli effetti demolitori” non possono essere quelli di annullare direttamente i voti anche al presidente Cota, con conseguente messa fuori gioco del leghista, per cui danno l’impressione di prendere tempo nel disporre un passaggio intermedio. Una fase interlocutoria per scorporare il voto disgiunto, con la cosiddetta attività istruttoria citata in sentenza. Il sistema ufficiale di rilevazione dei dati elettorali non tiene in alcun modo traccia dei voti disgiunti, per cui impone alle commissioni provinciali di procedere a recuperare tutte le schede assegnate alle due liste nelle 4.835 sezioni elettorali della regione, per la riclassificazione dei voti validi. In questo modo è stato innescato uno sforzo organizzativo senza precedenti in carico alla Regione Piemonte e ai Ministeri della Giustizia e degli Interni, con un costo stimato di oltre 400.000 euro. Da agosto a ottobre sono state mobilitate centinaia di persone: magistrati, cancellieri, militari e personale delle prefetture per maneggiare e ricontare le schede contenute in quasi cinquemila sacchi.
Dalle risultanze pubblicate dai giornali (dove le operazioni si sono concluse) si apprende che circa l’85% dei voti delle due liste sia del primo tipo, cioè con una sola croce, senza una seconda croce per Cota.
Il calcolo proposto dalla Bresso è il seguente: i circa 9mila voti di differenza corrispondono al 60% dei circa 15mila annullati, per cui se la percentuale di riparto fosse confermata intorno all’85% anche a Torino, a Cota potrebbe essere annullato il vantaggio, con il sorpasso di Bresso su Cota per via giudiziaria. Nell’altra ipotesi alternativa, tutti a casa e indizione di nuove elezioni. Sono due prospettive nefaste per Cota, che per liberarsi da questa pericolosa alternativa, si è appellato al Consiglio di Stato. A metà ottobre il clima politico è incandescente e il tribunale di Torino si avvia a concludere in ritardo le operazioni di conta per l’ultima provincia che rimane da fare. A Roma il 19 ottobre si riunisce il Consiglio di Stato con una tensione tra le parti altissima. Ironia della sorte, tocca proprio a Roma avere in mano il destino della Lega a Torino. Il Consiglio accoglie il ricorso di Cota e decide di sospendere integralmente la sentenza del TAR. A Torino il lavoro di centinaia di persone impegnate nella conta va in fumo in un istante. Bresso incassa la sconfitta, Cota si rilassa e parla di ristabilimento della volontà popolare. Le ingenti spese legali sono compensate tra le parti. Il risultato va bene alla Lega, al PDL e anche al PD, che accarezza altre ipotesi, non più incentrate sulla Bresso.
Tutto finito? Non proprio, perché le sentenze del Consiglio di Stato sono state due. Nella seconda ordinanza i magistrati di palazzo Spada rimandano il giudizio di merito su un’altra sentenza del TAR al 25 gennaio 2011. Il problema stavolta è la lista Pensionati che ha appoggiato Cota ed ha avuto 28mila voti. Su questo caso si è aperto in contemporanea un giudizio in sede penale.



Il caso Giovine della lista Pensionati
A giugno 2011, il Tribunale conclude il processo di primo grado, con una condanna penale del consigliere regionale Michele Giovine, colpevole di autenticazione di false firme nel corso della presentazione della lista Pensionati. Quale sia l’effetto politico è difficile dirlo. L’intreccio tra procedimenti amministrativi e penali è diventato così complicato che il tutto è passato alla Corte costituzionale. La Corte si è riunita il 4 ottobre 2011 ed ha deciso che il giudice amministrativo per deliberare sull’esito elettorale delle Regionali, in presenza di un’accusa di false autenticazioni di firme, che evidenzia gravi difetti nel procedimento elettorale preparatorio, non possa procedere autonomamente alla verifica tramite un perito, ma deve aspettare l’esito del procedimento civile.
La materia è spinosa, con un precedente che pone grossi problemi al centro-destra: il caso Molise nel 2000. Anche lì due liste dopo le elezioni sono state riconosciute irregolari per insufficienza di firme, il consiglio dissolto e indizione di nuove elezioni con ribaltamento del risultato elettorale.

Novembre 2013

Dopo tre gradi di giudizio penale la condanna di  Michele Giovine  per falsi elettorali è definitiva. La Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Torino per le vicende legate alla elezione di Giovine a consigliere regionale del Piemonte nella lista “Pensionati per Cota”, per le irregolarità nella presentazione dei candidati. Respinto l'anche l'ultimo ricorso presentato dalla difesa di Giovine, al quale, lo scorso 22 maggio 2013, erano stati inflitti due anni e otto mesi di carcere. La Corte d’Appello aveva disposto l’interdizione dai pubblici uffici per due anni e la Cassazione non è intervenuta sul punto. Il consigliere, per evitare il carcere, potrà chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Dopo il giudizio di secondo grado Giovine era stato sospeso dalla carica di consigliere e al suo posto era entrata a Palazzo Lascaris Sara Franchino, collega di partito e di vita. La sentenza della Cassazione riguarda anche il padre di Giovine, Carlo, al quale è stata inflitta una pena coperta dalla sospensione condizionale.

Gennaio 2014
Il TAR riprende il giudizio sospeso, accoglie l'esito del procedimento penale come fosse un civile, nel quale è stata provata la falsità delle attestazioni per la presentazioni delle liste.
Il 10 gennaio, dopo 4 anni, decide di annullare le elezioni del 2010, mandando tutti a casa. Occorrerà aspettare le motivazioni per capire meglio il ragionamento fatto dei giudici.
Intanto il presidente Cota ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato.
La corsa ad ostacoli verso il voto a maggio, con le Europee è iniziata.

Soluzione del problema per Cota

La soluzione tecnica per Cota e per i piemontesi di evitare un'altra inutile campagna elettorale e concludere regolarmente la legislatura nel 2015 potrebbe essere relativamente semplice, più difficile da capire il quadro di pressioni politiche sugli organi giudicanti. 
Ancora una volta sarà Roma a decidere.