giovedì 31 gennaio 2013

Intervento a Radio Lombardia - trasmissione Pane al PANE

Intervento a Radio Lombardia - trasmissione Pane al PANE, con Pino Vivace segretario generale CNA LOMBARDIA
RadioLombardiaTube

MPS, Bersani minaccia di "sbranare"

Bersani minaccia di "sbranare". Grillo e Alfano: can che abbaia non morde. E lui ribatte:"Autocrate da strapazzo..."

La campagna elettorale si sta infiammando. Sabato scorso a Genova, davanti ai suoi candidati, Bersani l'ha fatta fuori dal vaso. 
Dal palco arringa: 
Sento dire che c’è qualcuno 
che lascia intendere qualcosa di men che corretto da parte nostra su Mps…”
Si ferma un secondo, poi lancia l’avvertimento:
“Parlino chiaro che li sbraniamo”.
Proprio così,  Pierluigi Bersani ha usato il verbo sbranare, cioè "fare a pezzi, divorare", in senso figurato "tentare di distruggere". 
Poi, il segretario Pd avverte Lega Nord e centrodestra:
Niente più accuse o insinuazioni. 
Il Partito Democratico, sul caso Monte Paschi,  non si farà tenere sotto schiaffo
prosegue 
Non accettiamo lezioni da chi ha avuto cose come il credito Euronord 
e il Credito cooperativo fiorentino. 
Non si azzardino ad aprire bocca”.

prosegue sul giornale online  L'INDIPENDENZA.COM

martedì 29 gennaio 2013

Politologia in pillole all'UTE a Brugherio (Monza)

Partecipanti al corso Politologia in pillole all'UTE di Brugherio. 
Venerdì 25 gennaio 


Presentazione dei corsi e dei docenti dell'UTE Brugherio, ottobre 2012



mercoledì 16 gennaio 2013


La paura nel PD. Serpeggia la sindrome da "vittoria mutilata"
A poco più di un mese dal voto, gli scenari per la sera del 25 febbraio sono in continua evoluzione.
Tutta quella sicurezza che ha portato il PD e il PDL al colpo di mano dell'anticipo delle elezioni di due mesi, sta piano piano svanendo.
I bersaniani sogni di gloria sono in pericolo.


Editoriale sul giornale on line:

martedì 15 gennaio 2013

A Pane al Pane, Radio Lombardia - 14 gennaio 2013

Intervento ad ARIA PULITA - dicembre 2012
da Simona Arrigoni

Incursione a Radio Lombardia

Commento alle elezioni Politiche e regionali alla trasmissione PANE al PANE di Radio Lombardia, condotta da Laura Costa, alle ore 19 di lunedì 14 gennaio.
In collegamento telefonico anche  Gabriele Albertini. 
In breve, ho toccato questi punti:

  1. il PD e il PDL hanno voluto andare a tutti i costi al voto anticipato per mantenere questo sistema elettorale il "porcellum", la legge 270/05, in questo modo i segretari possono continuare a "nominare" i parlamentari, con le liste bloccate;
  2. nella formazione delle liste si è visto che le primarie parlamentarie del PD hanno avuto un peso minore rispetto a quanto promesso, mentre il PDL ha "oscurato" tutto il procedimento di formazione delle liste;
  3. il PD ora ha paura del "pareggio" al Senato e di essere obbligato a formare un  governo in accordo con altre coalizioni, dopo il voto, secondo come saranno i risultati;
  4. i capicoalizione (Monti, Bersani e Berlusconi), a vario titolo, rischiano di essere tutti fuori gioco per l'incarico a premier, come per la presidenza della Repubblica.

domenica 13 gennaio 2013


Grillo che fai, molli prima ancora di combattere?
http://www.lindipendenza.com/grillo-che-fai-molli-prima-ancora-di-combattere/

http://www.youtube.com/watch?v=pjwBWmNjVOw
Beppe Grillo ha toccato con mano che cosa vuol dire presentarsi alle elezioni in Italia, nella patria della democrazia parlamentare più tollerante d’Europa con ladri, truffatori e millantatori, procurandosi una fastidiosa scottatura.
Che cosa è successo?  Niente di nuovo, da venerdì 11 fino a domenica 13 gennaio, la legge prescrive che siano depositati i simboli che verranno utilizzati per la campagna elettorale e per la presentazione delle liste di candidati. Un passaggio apparentemente formale per i partiti in Parlamento: il PD ha depositato il suo simbolo con tutta calma, come il PDL e la Lista Monti. Non così per tutti gli aspiranti competitori che vogliono entrare a sedersi nelle prestigiose camere. Ad esempio, il Movimento 5 Stelle teme di essere clonato da altri ed allora si mette in fila davanti al Viminale fin dall’inizio della settimana, come prendere il posto a teatro quando i biglietti vanno a ruba. Questo è il racconto di Grillo sul suo Blog:
All'improvviso, vengono poste le transenne davanti al ministero degli Interni: è il segnale che è scoccato il momento della coda. Se stai mangiando un maritozzo nel bar davanti o ti sei appostato nell'appartamento con vista sul Viminale o hai ricevuto una soffiata, allora hai un'alta probabilità di occupare il primo posto della fila. Una volta piazzato lì, in piedi, come uno stoccafisso, nessun pubblico ufficiale ti lascia un riscontro della tua posizione: un bigliettino, un pezzo di carta di formaggio, un numero della tombola. Devi difendere il posto come in trincea. Rimpiangi le Poste Italiane che hai sempre disprezzato, da loro almeno sai quando aprono, ti danno un numerino e stai in un luogo caldo. La fila si forma dal pomeriggio di lunedì 7 gennaio, ma gli uffici accettano il deposito solo dalle ore 8 di venerdì 11. 90 ore al freddo, di giorno e di notte, con i turni e le tazze di caffè caldo, con gli amici a darti il cambio, sembra il fronte orientale di "Centomila gavette di giaccio" nella seconda guerra mondiale. Siamo però a Roma settanta anni dopo.

Quando venerdì mattina si aprono gli uffici del Ministero degli interni, scoprono che tutta questa fatica è servita a poco e sentono puzza di fregatura quando, con il naso all’insù, scorrono i foglietti appesi in bacheca fuori nel corridoio: “…i nostri vedono nel tabellone elettorale due simboli quasi identici. Chi era in fila prima di noi ha consegnato all'ufficio il simbolo del M5S senza l'indirizzo del sito. Assolutamente confondibile dall'elettore. Abbiamo fatto ricorso. Dovremo aspettare martedì pomeriggio per sapere se il M5S parteciperà alle elezioni. In caso della presenza di un simbolo confondibile non parteciperemo. Questa è l'Italia che non c'è più, che non ci appartiene, che va cambiata dalle fondamenta. Se entreremo in Parlamento lo apriremo come una scatola di tonno. Se non ci lasceranno partecipare si prenderanno la responsabilità della delegittimazione dello Stato e delle inevitabili conseguenze.”
Boom! Parole grosse, dette senza pensare bene alle conseguenze. Sembra quasi impossibile che alla prima difficoltà, al primo bastone in mezzo alle ruote, Grillo molli la presa.
Tutto il procedimento che porta alle elezioni e alla proclamazione dei risultati è costellato di trappole e insidie, non certo per un puro caso. Sono le leggi fatte dal Parlamento di  questa Repubblica che a parole dice di essere per la Costituzione, aperta e democratica, poi scrive delle norme fatte apposta per far cadere chi insidia il posto dei potenti dentro il palazzo.
Saranno i giudici dell’Ufficio Centrale a Roma, che sono magistrati della Cassazione, a dire l’ultima. Sono loro che sorvegliano e gestiscono le elezioni Politiche del 24 febbraio, sono i massimi tutori della legge.


A proposito, tanto per dare un volto e un nome a chi ha in mano un compito così importante, chissà se qualcuno sa chi sono. Si sa che ci dovrebbe essere un decreto del primo presidente della Cassazione. Però, sul sito web non si trova.
Forza Grillo, fai un bel  ricorso al Ufficio Elettorale Centrale Nazionale, come prescrive l’art. 16 del DPR 361 del 1957. Non darla vinta a chi tenta di copiare o imbrogliare le carte e i simboli ma, soprattutto, non mollare al primo dispetto. La Casta non aspetta altro che un passo indietro dei nuovi partiti, che sia il Movimento 5 stelle di Grillo, “Rivoluzione Civile” di Ingroia o “IOAMOLITALIA” di Magdi Cristiano Allam.

Ecco i simboli contesi: contrassegni cloni per Grillo, Ingroia, Monti e la Meloni

La bacheca con i simboli (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-12/ecco-simboli-contesi-contrassegni-130739.shtml?uuid=Ab7RPfJH

Su www.ilfattoquotidiano.it
ecco-chi-sono-clonatori-di-liste-grillo-ci-ha-scippato-logo-noi-labbiamo-ripagato

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/12/ecco-chi-sono-clonatori-di-liste-grillo-ci-ha-scippato-logo-noi-labbiamo-ripagato/467897/Liste, chi sono i “clonatori”: “Grillo ci ha scippato il logo? L’abbiamo ripagato”

venerdì 11 gennaio 2013

Napolitano e L'Anatra Zoppa
Oggi su La Stampa, il titolo d’apertura in prima pagina richiama un’intervista al presidente Napolitano che dichiara di non voler procedere alla nomina di altri senatori a vita, nonostante le forti pressioni che riceve al riguardo. Che è vero che ci sono ben due posti liberi per arrivare al numero di cinque consentiti dalla Costituzione, di nomina presidenziale. Toh! Ma che strane cose hanno per la testa al Colle.
A meno che sia una comunicazione in codice; se così fosse, questa è una notizia di quelle grosse. Re Giorgio ha voluto far sapere, con il garbo e la decisione che gli sono consueti, che lo stanno tirando per la giacca, che qualcuno gli sta soffiando sul collo per accaparrarsi i preziosi seggi.
Napolitano dopo la brutta figura che ha fatto con la nomina di Mario Monti a senatore a vita, dimostra voler chiudere in modo saggio il suo mandato, di non prestarsi a manovre di palazzo.

Il fatto è che se siamo arrivati a questo punto, con la conta dei senatori a vita, vuol dire che si sta concretizzando l’ipotesi del pareggio al Senato.
IL CAIMANO E IL "PORCELLUM"



In TV, come al solito, i grossi partiti stanno divorano tutti gli spazi, altro che par condicio, i partiti minori sono sistematicamente esclusi. Giovedì 11 gennaio: il segretario del PD Bersani in RAI a Porta a Porta, mentre all’ora di cena al momento dell’ammazzacaffè, su La7 dalla Gruber, compare un altro leader storico del PD, Massimo D’Alema. Dopo Matteo Renzi rivedere la Volpe del Tavoliere, come lo chiama Marco Travaglio, è come mettere un 45 giri in un mangiadischi con le pile scariche: lento, macchinoso, noioso e lievemente irritante. Però, guarda caso, si è posizionato appena prima del suo avversario di sempre, a far da traino al “compare” di infinite trattative e accordi sottobanco, nel corso di quasi vent’anni di dominio della scena politica. Appena i due escono di scena, cambia tutto.
Servizio pubblico è un’altra storia: la scenografia è ben studiata, dispone al meglio sul palco i due big: Santoro e Berlusconi. Gli ascolti volano, registrano un’impennata, al 33% di share, è un record che condividono, con intima soddisfazione. Sono uomini di spettacolo, che sanno far rendere il palcoscenico, con reciproca stima, come dice la gente: cane non mangia cane. Basta fare un po’ di zapping tra i vari canali per vedere che il confronto tra i candidati alle prossime elezioni politiche è impari: il Caimano è ancora nettamente il più forte. Come se in questi anni non fosse successo niente, siamo ancora fermi alla campagna elettorale del  2006, con Bersani al posto di Prodi, da un emiliano finto-buono all’altro, e i calcoli sui seggi traballano ancora come allora. Il furbesco disegno politico di Bersani e compagnia, che ha fatto di tutto per votare con il sistema elettorale attuale, il “porcellum”, per vincere facile, non tiene più.
Ogni giorno che passa il Caimano divora pezzi dei suoi avversari e recupera voti. Adesso può permettersi di andare a caccia del pezzo più pregiato, la mitica “Anatra Zoppa” del Senato. Si muove da solo, come al solito, non ha bisogno della sua lista di candidati, che sono ancora sconosciuti. Agisce con una rapidità impressionante, nello schema consolidato di “uno contro tutti”, del referendum pro o contro la sua persona, come sostiene Giorgio Galli nel libro Stella e Corona (Solfanelli Editore, II ed. 2012).

 “Per quanto lontane siano le elezioni, 45 giorni sono tanti, resta altamente improbabile che la sua (Berlusconi n.d.r.) pur trascinante campagna elettorale gli valga un riaggancio al favoritissimo Pd. Ma la statura comunicazionale dei contendenti, l'insopportabile Monti e il moscio Bersani, resta nettamente inferiore…”  commenta Sergio Luciano su Affaritaliani.it, che conclude “E se per assurdo si verificasse l'impensabile, cioè appunto il riaggancio del Cavaliere, allora sì che il popolo piddino dovrebbe mille volte schiaffeggiarsi per aver bloccato in panchina l'unico che, quanto a chiacchiere, poteva battere il Cavaliere: Matteo Renzi.”


immagine tratta da 
http://www.ilsanguedalnaso.com/la-posta-del-caimano-10/


Bersani, Berlusconi, Grillo, il trio "Sciagura"  e l'Anatra zoppa 

Il quadro politico di queste elezioni finalmente si sta delineando e si capisce qualcosa in più. Venerdì, sabato e domenica 13 gennaio, al Ministero degli Interni c’è la presentazione dei contrassegni di partito, il deposito dei programmi con il nome dei capi coalizione per le prossime elezioni del 24 febbraio. E’ molto probabile che dopo il voto i programmi della sinistra e della destra verranno messi in un cassetto. C’è la sensazione che la gara sia taroccata, come tante altre in Italia.
Ufficialmente la campagna elettorale non è ancora iniziata ed è già virtualmente finita, perché l’attenzione è ormai rivolta a dopo le elezioni, a fare calcoli su calcoli su cosa potrà succedere a marzo quando si riuniranno per la prima volta le Camere.
La questione in sospeso è la seguente: il vecchio Caimano riuscirà a riprendere ancora una volta la stolta “Anatra zoppa” del Senato? La risposta è già contenuta nella domanda, nel senso che fino ai primi di dicembre, un mese fa, nessuno dei democratici del PD e dei montiani del trio ”Sciagura” pensava fosse possibile una simile folle rincorsa.
Invece, eccoci qua a fare le somme con il bilancino per stimare la futura maggioranza al Senato. Sarà un caso, ma di questo difetto del sistema elettorale, ne ho parlato nel libro scritto con Giorgio Galli, Stella e Corona, che evidentemente i bersaniani non hanno comperato, ne preso a prestito dalla biblioteca.

Inizialmente i conteggi sulla futura composizione della maggioranza al Senato davano sempre in vantaggio la coalizione PD-SEL, con 170 seggi su 315. Dopo un mese, gli scenari sono in forte evoluzione, per il recupero in corso della coalizione PDL-Lega, composta anche da una miriade di partitini come Fratelli d’Italia. Alla Camera Bersani dovrebbe vincere facile e prendersi il premione di 340 seggi su 630, come dispone il porcellum, mentre al Senato i premi sono regionali, per cui bisogna sommare gli esiti di ogni regione.
Quelle più grandi contano parecchio.
A questo punto entra in funzione l’azzoppa coalizioni, che funziona: se le due principali coalizioni  sono più o meno pari come voti, i seggi assegnati possono cambiare di molto. In Lombardia, quella che perde il premio, anche per solo per un voto, prende 12 seggi, ha stimato D’Alimonte sul Sole24Ore, invece di 27. L’inverso in un’altra regione, con un effetto di compensazione accentuato dalla presenza di varie minoranze. D’Alimonte ha calcolato varie situazioni, se Bersani non ce la dovesse fare a vincere in Lombardia e Veneto, otterrebbe una quota in Senato molto risicata, intorno ai 155-157 seggi su 315.
Queste cifre possono far aprire una campagna acquisti o determinare una nuova coalizione di governo.
Bersani in questo momento non appare avere idee fresche, ha già dato tutto da un punto di vista comunicativo nei mesi scorsi, è come un fondista che non è in grado di fare lo sprint finale. Senza una sua maggioranza autonoma al Senato, Bersani è spacciato, non potrà fare il premier, con il sollievo di quanti, soprattutto nella parte appiedata del suo partito, lo ritengono non adeguato al ruolo di capo del governo.
Condizione che condividerà con altri suoi colleghi, Monti, Grillo, Ingroia e Berlusconi, che notoriamente, per varie ragioni, non sono proponibili a tale ruolo. Tutti i capi coalizione in corsa sono destinati a non essere proposti come futuri premier. Però, siamo una repubblica parlamentare, i governi si presentano in Parlamento, come da Costituzione, non alle urne.

immagine tratta da: sardegnademocratica.it
A proposito del  "jus primae noctis" di Bersani e delle Primarie 
Segnalazione articolo e foto da 
http://affaritaliani.libero.it/milano/un-umiliazione-per-110113.html:



"Un'umiliazione per le donne milanesi". Scoppia il caso della paracadutata da Roma. di Marina Terragni,blogger e femministra milanese

"La candidatura Pd di Fabrizia Giuliani, romana paracadutata nelle liste di Milano per la Camera in posizione di sicura eleggibilità, è una piccola ma bruciante umiliazione per le donne milanesi: le candidate uscite dalle primarie, anzitutto; ma anche il vitalissimo, variegato, formidabile movimento delle donne di questa città, “madre” di tutti i femminismi italiani (la “clientela” elettorale a cui l’offerta Giuliani dovrebbe rivolgersi), che non ha mai sentito nominare la candidata e che rivendica con orgoglio la sua autonomia. 
Presentata ovunque come “del comitato promotore di Se Non Ora Quando” –ma “Se Non Ora Quando” smentisce l’investitura e interdice a lei come a chiunque altra l’uso del brand-, non è più così chiaro a che titolo Giuliani sia in lista.

Se il senso di ingaggi civici come quelli di Michela Marzano, Massimo Mucchetti, Carlo Dell’Aringa è autoevidente, la candidatura blindata di Giuliani, spogliata degli allori Snoq, necessiterebbe di qualche spiegazione.
Fabrizia Giuliani insegna Filosofia del Linguaggio a La Sapienza e online compare qualche suo intervento su “l’Unità”. Molto di più non si sa, ed è un peccato per le elettrici e gli elettori milanesi. Che rischiano di dover dare credito ad alcune fastidiose illazioni secondo le quali Giuliani, compagna di un consigliere regionale uscente del Lazio, il dalemiano Claudio Mancini, non ricandidato né in Regione né in Parlamento, sarebbe in lista a titolo “risarcitorio”. E lontano da Roma, dove Mancini è chiacchierato per aver approvato, insieme ai vari Fiorito, le “spese pazze” per la Regione Lazio, e i rumour si farebbero assordanti....


Elezioni: la sindrome della "Anatra zoppa"

Si riporta la tabella riassuntiva con le simulazioni sull'assegnazione dei seggi al Senato in base a vari scenari del CISE del politologo R. D'Alimonte.

Simulazioni di Roberto D'Alimonte su il  Il Sole 24 Ore 
Duello nelle regioni chiave, tutti gli scenari al Senato
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-09/duello-regioni-chiave-tutti-141930.shtml?uuid=AbliQfIH



martedì 8 gennaio 2013


Il colpo grosso del “Caimano”
Come è noto il sistema della Camera assicura comunque un vincitore, assegnando il "premione" di 340 seggi alla prima coalizione, mentre al Senato ogni regione ha un suo premio regionale, per cui la quota assegnata ad una coalizione dipende da regione a regione, con una certa analogia al sistema del Congresso americano. Questo è il motivo che sta rendendo importanti alcune regioni – Lombardia, Campania e Sicilia - nella disposizione della campagna elettorale. Se la regione è grossa, il premio in seggi è corposo, altrimenti la differenza è lieve. La Lombardia ha diritto a 49 senatori, con un premio di 27 seggi alla prima coalizione, la rimanenza andrà suddivisa tra le altre liste e coalizioni che supereranno le soglie di sbarramento. Senza scendere nei meccanismi complicati del porcellum, in questo modo è stata creata una sindrome detta della "anatra zoppa", che tende ad azzoppare, ad appiattire le coalizioni in gioco. Questo aspetto tecnico ha spinto Silvio Berlusconi a giocare il tutto per tutto al Senato. Ha rincorso la Lega Nord di Maroni per tutto dicembre, fino alla riunione finale dell'Epifania, dove è riuscito a mettere il sale sulla coda alla dirigenza leghista. 
Ieri la conferenza stampa di Maroni, qui ripresa in un altro post con il video integrale.
Oggi la stampa parla del nuovo patto PDL-Lega e in parallelo si legge del profondo dissenso che manifesta la base leghista, esattamente come per le regionali del 2000.
Il segretario lombardo Matteo Salvini ha dichiarato a Repubblica che l'obiettivo della Lega è tenere il 75% delle tasse al nord, per cui "queste cose sono più importanti delle menate di chi ci rimprovera di non essere riusciti finora a incidere a sufficienza sulle questioni che riguardano il portafogli della nostra gente. Il federalismo che volevamo è stato bloccato..".
Insomma, per Salvini non sempre la base ha ragione, va bene solo quando applaude festante la sua elezione a leader del movimento.
Il sociologo Luca Ricolfi, che qualcosa in più di Salvini ha studiato e scritto, rimarca su La Stampa di oggi che lo slogan di Salvini e Maroni "trattenere il 75% delle tasse dei padani al Nord"  è un evidente sintomo di un definitivo abbandono dei principi del federalismo, dando così una prova inoppugnabile della sua trasformazione in partito della spesa pubblica. Ricolfi ricorda alla massima dirigenza della Lega che le tasse non vanno "trattenute" ma "restituite", cioè vanno abbassate, stop, tutto il resto è propaganda per la sedia.
La base della Lega ha ben capito che il movimento sta scivolando verso una direzione pericolosa, protesta e dissente. I commenti ai vari articoli in rete sono tutti molto critici, come quello di Wanda ad un articolo di Gilberto Oneto, apparso ieri sul giornale on line L'INDIPENDENZA.COM:
Non vorrei passare per quegli arroganti che sanno tutto (ma non c’e rischio, visto che altri prima di me qui hanno scritto inascoltati la stessa cosa) ma sta sceneggiata Berlusconi-Maroni si poteva evitarla. Maroni e la Lega si sono messi d’accordo con Silvio spingendo per evitare che il cavaliere facesse il premier lasciandogli così la via d’uscita di non andare incontro alla sconfitta in veste da premier…..Non capite il gioco? Ma siete d’accordo o che altro? La Lega è l’utile idiota di Berlusconi."
La lettrice è indubbiamente molto acuta, ha colto nel segno.
Il "Caimano" ha dimostrato di meritarsi in pieno il titolo acquisito sul campo, con una sola mossa ha fatto due volte centro, ha realizzato un colpo grosso piegando a suo piacimento la dirigenza della Lega, troppo preoccupata di occupare sedie che teme di perdere. 

Elezioni. La finta caccia al porcellum di Bersani. 

Estratto pubblicato da:

L'Indipendenza - Quotidiano Online


Una certezza c’è in questo mondo in continua ebollizione: quando arriva l'ora di cena Pier Luigi Bersani  si accomoda nelle case degli italiani. Ormai è una consuetudine, da mesi: tra settembre e novembre per le primarie, poi per il ballottaggio delle primarie, poi a dicembre ancora per le parlamentarie con il Natale compreso, breve pausa per il capodanno. Ieri è stato ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo su La7, 

https://www.youtube.com/watch?v=mX_5F8Scqp0

rieccolo di nuovo in pista come candidato premier per le politiche, per far capire agli italiani, seduti a tavola, di che pasta è fatto il futuro "vincitore" delle elezioni politiche del 24 febbraio.






Alle 21.03 esatte Bersani annuncia che ci sarà un’apertura delle candidature verso il mondo degli intellettuali cattolici, confermando l'ipotesi fatta di un PD che si sta velocemente trasformando in una nuova DC, in un partito dai contorni indefiniti, quasi un non-partito, che ha come obiettivo principale l'occupazione del centro del sistema politico. Infatti, subito dopo annuncia orgoglioso i nomi degli ultimi due “nominati”, quelli che verranno inseriti in una zona di sicura elezione in quota alla sua segreteria: il direttore generale della Confindustria di Roma, Galli, e il vice segretario generale della CISL, soffiato ai montiani.
Da aspirante premier, sottolinea nuovamente il carattere plurale del partito e dice:
"Sento tutti che vogliono abolire il porcellum. Io volevo abolire il porcellum. Ma visto che è rimasto, con le primarie l’abbiamo ammazzato".
Eh no, questo è grossa, diventa difficile mantenere un decoroso auto controllo, per cui è meglio spegnere il televisore, evitare il caffè e fare una passeggiata.
Il sistema elettorale attuale, il "porcellum", è rimasto perché il PD ha fatto di tutto per tenerselo, come è evidente dalla rilettura delle vicende parlamentari di questo ultimo anno, che questo giornale ha ben documentato.
Però, c’è una novità rilevante, un’altra innovazione introdotta dai democratici al sistema del porcellum, dopo il rito delle primarie, il rito delle parlamentarie, Bersani tira fuori dal cappello il rito della nomina.
C’è qualcosa di mutuato dal Vaticano, nelle procedure per la nomina dei vescovi, con una preventiva consultazione molto riservata, uno spintonarsi al riparo da occhi indiscreti e infine l’annuncio pubblico. Così avviene nel PD per i nuovi parlamentari “nominati” da Bersani, pubblicamente davanti alle telecamere, due o tre per sera.
I militanti veri, non quelli virtuali, apprendono dalla TV ciò che nessuno dice in sezione, ovvero quello che il vertice ha deciso per loro. Proprio l'esatto contrario dello spirito della partecipazione e della scelta democratica, come dimostra anche il salvataggio di massa operato con la vecchia nomenclatura del PDS e dei Popolari trasferitasi arma e bagagli nel nuovo PD.
Non è solo il PD, anche gli altri partiti sono allineati sullo stesso sistema. Ha ragione Magdi Allam a scrivere sul Giornale di lunedì scorso che "se volessimo immaginare quale sarà l'Italia della “Terza Repubblica” potremmo fare riferimento ai primi provvedimenti che i tre principali leader dicono che assumeranno qualora dovessero diventare il nuovo capo del governo. Per Monti sarà “una legge elettorale seria”, perché “questa non è degna di un Paese come l'Italia”. Per Bersani “sarà assicurare che chi nasce qui figlio di immigrati è italiano”. Per Berlusconi “l'abolizione dell'Imu (Imposta Municipale Unica) al primo Consiglio dei ministri”.
L'idea di Monti sulla legge elettorale si commenta da sola, visto che è stato lui che ha chiuso in fretta e furia i lavori parlamentari l’8 dicembre, impedendo così la giusta conclusione delle riforme avviate e la stesura della nuova legge elettorale in discussione da molti mesi.
Nessun contribuente ha voglia di scherzare, dopo la stangata di dicembre, con l'esoso pagamento del saldo dell'IMU, su questa tassa. La trovata del Cavaliere sull'abolizione dell'IMU sulla prima casa, rischia di diventare la prova provata della sua assoluta mancanza di pudore.
La TV sta giocando un ruolo enorme in questa campagna elettorale, ma anche, per dirla alla Veltroni, dei brutti scherzi. Più la TV, la radio e il web sono occupati da loro, più è evidente che Bersani, Berlusconi e il novello trio "Sciagura" (Monti, Casini e Fini) sono sodali nel tenere in scacco il Parlamento e la guida di questo Paese soffocato dalle tasse.
Sembra incredibile, ma la partita delle elezioni politiche si sta giocando su un dettaglio tecnico: l’incoerenza del sistema elettorale tra Camera e Senato. Un grave difetto sperimentato già con Prodi nel 2006.

IL PATTO CON IL "DIAVOLO"

Il patto tra PDL e Lega sottoscritto la sera della Befana  è nero su bianco. Roberto Maroni e Silvio Berlusconi hanno deciso che l’alleanza forza-leghista proseguirà anche alle prossime elezioni politiche. In cambio, il PDL sosterrà la candidatura di Maroni alle regionali lombarde. Dopo l’annuncio dato in mattinata lunedì 7  gennaio dal Cavaliere, nel pomeriggio anche il segretario del Carroccio ha confermato l’accordo, definendolo «molto soddisfacente» perché «così si vince» in una veloce conferenza stampa. 

Conferenza stampa di Maroni per l'accordo Lega-PDL in via Bellerio a Milano


mercoledì 2 gennaio 2013



Bersani e il  "jus primae noctis" 


Primarie parlamentari del PD 

Pubblicato su L'INDIPENDENZA.COM del 30 dicembre 2012.

Devo fare pubblica ammenda, ho commesso un errore veniale, involontario. Non sono obbligato a farlo, però nel mestiere di analisti politici è opportuno che quando si commette un'imprecisione sia fatta anche la correzione.
Tutto ha inizio a metà novembre, quando ho scritto un articolo sul giornale on line  L'Indipendenza.com di analisi delle primarie del centro sinistra, che si concludeva con un'ipotesi, che ahimé ha fatto infuriare molti amici e colleghi. Il ragionamento fatto un po' sul filo del rasoio è stato il seguente: se le elezioni del 25 novembre sono state le primarie del centrosinistra, allora le elezioni politiche del 24 febbraio (allora si pensava al 10 marzo) sono da considerare delle elezioni "secondarie". Cioè, caricando a più non posso su tutti media un evento "privato" di una parte politica, come sono considerate le primarie da un punto di vista costituzionale e giuridico, si corre il rischio di trasformare le elezioni vere proprie in elezioni minori, secondarie. Il gioco di parole (e di concetti) non è piaciuto alla sinistra.
Oggi ammetto che l'ipotesi, non che fosse stata azzardata, ma sicuramente è stata un po' imprecisa. A santo Stefano sera, me ne sono reso conto. Ricevo delle mail che mi invitano a votare per un certo candidato alle primarie per la scelta dei parlamentari PD, indette tra ieri e oggi in tutta Italia dal PD e da SEL.
Superato il primo momento di stupore, per essere stato considerato un potenziale elettore del candidato descritto come
"Sveglio. Ha l'occhio vivo del pesce fresco, non l'occhio spento del pesce lesso. In qualsiasi momento lo chiami si mette a disposizione..."
mi interesso alla persona, sulla possibilità, se fosse stato il caso, di come avrei potuto votarlo. Cerco informazioni su internet su come partecipare alle primarie e mi trovo già subito a piedi: non sono iscritto al PD e non ho votato il 25 novembre. Peccato, un occasione mancata.
Però mi ritrovo, senza volerlo, dentro il meccanismo messo in piedi dal Partito Democratico, giustamente per allargare la base della nostra democrazia, negata dal sistema elettorale attuale, il porcellum.
A volte la curiosità è anima dell'azione, per cui non resisto dal proseguire la ricerca su google, che mi indirizza subito verso il giornale di partito, L'Unità. Leggo un articolo sul sito web e alcuni commenti molto interessanti per capire le reazione della base.

Commento di un lettore dell'Unità: "Non so se sono io che non riesco a trovare informazioni approfondite sui candidati, ma da quello che vedo c' è solo un elenco. Niente curriculum, niente competenze, niente programma, niente su posizione giudiziaria, ect. Vedo solo dei nomi. Un po' poco per parlare di democrazia vera. Se così sarà nei prox giorni. Se mi sbaglio indicatemi dove possiamo vedere le info sui candidati. Andrea."

Risposta molto grezza di Teobaldo, un militante duro:
"Alza il sedere e fatti un giro nelle sezioni di partito."

Un professore di Napoli sconsolato, annota:
"Il problema è: chi li conosce questi candidati? Come si fà a votare qualcuno, se non si conosce?".

Le osservazioni non sono da prendere sottogamba, sono di sostanza. Controllo se corrispondono al vero: sul sito web creato appositamente - http://www.primarieparlamentaripd.it/ - le uniche informazioni pubblicate sono il nome, cognome e la data di nascita. Un po' poco, neanche la professione come si faceva sui manifesti elettorali, tanto per sapere se uno è un operaio, un insegnante, un avvocato o un dirigente d'azienda pubblica. Insomma, che lavoro fa per vivere, visto che chiede il voto, qualcosa bisognerà pur sapere di lei o di lui.
Vado a vedere un caso specifico che conosco bene: Milano. Nel sito sono tutti insieme senza distinzione tra le due camere, un breve elenco di 37 nomi. In lista ci sono i soliti noti della politica milanese, sulla breccia da tanti decenni come: Pollastrini, Quartiani, Vimercati, Mirabelli, Fiano e Bassoli. Altri nomi sono apparentemente sconosciuti, però possono essere espressione del territorio, di qualche comune del milanese. Mistero risolvibile solo con un'accurata ricerca su web, che presumo non sia proprio alla portata dell'anziano militante pensionato.
Rivado sul web e trovo un articolo del Corriere del 28 dicembre che spiega la consistenza delle primarie a Milano e in Lombardia. I numeri sono significativi: tra Milano e Monza i candidati sono 37 e 8, per un totale di 45. I seggi per la Camera nella circoscrizione Lombardia-1, che comprende Milano e Monza, sono 40. A questi vanno aggiunti quelli per il Senato, dove i posti in palio sono 49 nella circoscrizione che comprende tutta la regione. La quota di Milano è poco più di un terzo, quasi venti seggi. Riassumendo, a Milano i posti in lista sono 20 al Senato più i 40 alla Camera, totale 60 possibili candidature.
Qui c'è un bel inghippo.
Queste candidature, come dire, devono pagare un "dazio" a Roma. Basta leggere il regolamento delle primarie.
I posti migliori sono riservati, al segretario, che potrà comporre il listino Bersani e alle deroghe per gli anziani del nuovo partito. La quota fissata è del 10%, più i capilista che non è detto che siano espressione del territorio, possono essere dei paracadutati dalle aule romane.  Delle 60 candidature, almeno 6 più i due capilista sono riservate di diritto, come ai convegni quando mettono i cartellini con i nomi delle persone sulle sedie nelle prime file. Tutti gli altri candidati, vecchi e nuovi, dovranno accomodarsi nelle file successive. I posti "buoni" sono solo nella prima parte della lista bloccata, a seguire quelli molto incerti, poi nella parte finale sono solo dei riempitivi, senza speranza alcuna. Ad esempio, alla Camera nel 2006, quando vinse la sinistra gli eletti furono 21, al Senato molti meno, 13 in tutta la Lombardia, per cui 4 o 5 in quota a Milano.
Tutti questi numeri non devono far perdere il filo dei fatti, ma dimostrare che, gira e rigira, comandano sempre le segreterie. In conclusione, queste nuove primarie natalizie sono regolate da un "jus primae noctis",  il medioevale "diritto alla prima notte" che vale ancora per Bersani, in più con scarsissima trasparenza sulle candidature.
L'operazione primarie parlamentari dimostra che queste sono le vere "secondarie" per cui, a rigor di logica, il voto per le politiche del 24 febbraio rappresenterà il terzo e ultimo passo, oltretutto completamente gratis, che ci  porterà alle "terziarie".
Il doppio senso, ovviamente, è involontario.


RICOSTRUIRE LA DEMOCRAZIA



La “tela di Penelope” delle riforme elettorali 


di 

Giorgio Galli
Daniele Vittorio Comero



http://www.edizionisolfanelli.it/ricostruirelademocrazia.htm

Ricostruire

ELEZIONI Politiche per Monti  e Grillo 



Con il "Porcellum" si ritrovano nella stessa situazione


Due facce, una solo moneta:  Monti e Grillo si trovano accomunati in una situazione identica. Non vogliono o non possono candidarsi, ma vorrebbero capeggiare le rispettive formazioni.
Il problema ha una possibile e legittima soluzione, che ho esposto con l'articolo pubblicato da L'Indipendenza.com del 26 dicembre, facendo rilevare che nelle pieghe del nostro complicato ordinamento elettorale esiste una  seria possibilità di loro candidatura, che non è una candidatura, una configurazione che ha quasi dell’incredibile, che pare che sia stata studiata e approntata appositamente  per loro.
Un attento studioso e collaboratore del giornale on line, Francesco Maria Agnoli subito dopo ha rilevato che:” In ogni caso, anche se qualche costituzionalista sembra pensarla  in modo diverso, una cosa  dovrebbe essere  abbastanza evidente: Monti non può  candidarsi, nel senso che non può presentarsi agli elettori…”
Invece si, è possibile. Si può presentare davanti agli elettori con i galloni da generale, senza farsi votare direttamente. Il trucco c’è ma non si vede. La soluzione per Monti, e quindi per Grillo, è nella attuale legge elettorale, il porcellum, la legge 270/05, che ha introdotto la figura del “Capo della forza politica”, che non è da confondere con il capolista di una lista. La differenza è enorme, mi spiego meglio usando una metafora: concettualmente sono come l’allenatore e il capitano della squadra.
Questa nuova figura di allenatore-capo è stata introdotta nel settembre 2005 per trovare una sistemazione dignitosa a Romano Prodi,  che stava per fare le primarie dell’Unione per tale posizione senza che vi fosse un posto pronto a tale scopo.  Silvio Berlusconi e i suoi solerti tecnici hanno subito trovato la soluzione che poteva andare a pennello, intitolata poi al sempre disponibile leghista bergamasco Calderoli.
La nuova configurazione è quella di un allenatore con più capitani giocatori.
Infatti, il Cavaliere si era predisposto a competere per le Politiche 2013 su questo schema, purtroppo per lui si è trovato con il solo Alfano, si è accorto che il gioco così non può girare e funziona male. Anche per questo aveva fatto l’offerta a Monti di cedergli il suo posto di “allenatore”, che però avrebbe sempre tenuto per coda.
Insomma, questa figura di “Capo” appare politicamente necessaria, anche se la gestione è molto difficile, ci vuole flessibilità e non basta, come ha dimostrato la legislatura attuale, iniziata nel 2008 sotto il segno di Veltroni e Berlusconi, finita come con ben altre figure: Bersani, che ha sostituito il badogliano ex-segretario Pd, e Monti, che ha disarcionato l’appesantito Cavaliere.
A ben vedere la legge non prevede cambiamenti di formazioni, come è avvenuto con la scissione di Fini e del FLI e l’ingresso della Santanchè al governo, oppure subentri di allenatori con i due passi indietro di Veltroni, che da allenatore-capitano-giocatore si è accontentato di un misero posto da giocatore in panchina.
Si è già detto che giuridicamente la figura del capo-coalizione introdotta nel 2005 è quasi indefinita, non è previsto alcun requisito minimo, della serie più una cosa è importante e meno si dice. Così, potrebbe essere un uomo o una donna qualsiasi, con la fedina penale pulita o lunga un chilometro, un cittadino italiano, comunitario oppure un extracomunitario, forse sarebbe possibile che sia anche minorenne. Tutto è ammesso, perché non è vietato, quindi che sia anche un senatore a vita, come Monti. Oppure che si trovi nella situazione di Beppe Grillo con una condanna sulle spalle. Non è detto che il “capo” sia poi anche candidato alla Camera o al Senato, può tranquillamente non presentare il suo nome nelle liste, in tal caso resterà una figura esterna al Parlamento. Certo, non avrà diritto alle prebende e alle garanzie costituzionali che possiede un parlamentare, comunque potrà avere degli incarichi di governo, anche la nomina a premier. Oppure essere intervistato un giorno si e no da tutti i TG, che è la cosa che conta di più.
La normativa attuale consente questo escamotage, per cui Monti e Grillo possono legittimamente concorrere alle prossime elezioni politiche del 24 febbraio 2013 come leader delle loro coalizioni e nel caso di Monti, mantenendo il seggio al Senato che gli ha regalato il presidente Napolitano.
Sono queste le ragioni che hanno indotto a elezioni anticipate, tutto per non fare la riforma elettorale, per sfruttare a pieno i trucchi del “porcellum”, che altrimenti non avrebbero potuto utilizzare.
Sono armi che i vari Fini, Casini, D’Alema, Berlusconi e Bersani hanno voluto mantenere intatte nell’arsenale della nostra sgangherata Repubblica, ma che sono a doppio taglio. Ora possono consentire a Mario Monti di superare il blocco del seggio senatoriale avuto in regalo a garanzia della sua non candidatura, così come a Grillo di giocare la sua partita da allenatore a pieno titolo, senza correre il rischio di trovarsi bloccato nella palude della Camera o del Senato, lanciando l’assalto alle trincee nemiche da una posizione privilegiata.



Monti "sale" in Politica


Il Professore vuole salire ancora più in alto

(pubblicato su L'INDIPENDENZA.COM del 26 dicembre 2012)

L’orgoglio del potere si è manifestato in tutta la sua vanità, pubblicamente davanti ad una schiera di adulanti concelebranti nella tanto attesa conferenza stampa di fine anno del Capo del governo tecnico, tenutasi domenica mattina, 23 dicembre, a Palazzo Chigi e durata più di due ore. I commenti della stampa sono molto discordi. 
I più critici hanno subito detto che ha parlato senza dire nulla di utile per far capire le prossime mosse. Altri, come il sottoscritto, hanno capito solo una delle reali intenzioni di Monti, o meglio, quella che è stata più evidente, a mano a mano che lui macinava tempo in auto-complimenti conditi con dosi omeopatiche di simpatia. 
E’ un politico raffinato e spietato, dotato di una padronanza di linguaggio e di un auto controllo elevatissimo, che rivela la sua vera natura: è un democristiano, di rito doroteo

Come tecnico riscuote un consenso molto incerto, specie da chi prova sulla sua pelle gli effetti delle sue maldestre manovre, cioè buona parte degli italiani.
Però, è uomo di potere, per cui attrae, ha il fascino perverso del bastone del comando. Possiede una tecnica oratoria raffinata, un po’ old style ma efficace, riesce a tenere il bandolo del discorso per ore senza rispondere all’unica domanda che giustificava un tale dispiegamento di personalità alla conferenza stampa, ovvero su quale fosse la sua posizione rispetto alla imminenti elezioni politiche, se sarà in campo o meno e in che modo. Visto che in tanti si richiamano alla sua figura, alla famosa “Agenda Monti”, e mancano due mesi esatti al voto, la questione non è secondaria.
Alla fine non ha detto nulla, anche se ha tagliato l’erba sotto i piedi a tutti, compreso il presidente Napolitano, al quale ha detto di aver riferito una sola frase, un lapidario ”missione compiuta”.
Uno dei commenti più duri è quello di Marco Travaglio su Il Fatto, che dice tutto già nel titolo “La scimmia, la mummia, la sfinge e la volpe”, che ha così definito Grillo, Berlusconi, Monti e D'Alema commentando l'incredibile domenica in TV. Si è visto il dilagare dei politici sulla scena televisiva, con Berlusconi scatenato e D’Alema a Rai3 da Fazio.
La gara per l'occupazione dei media è stata vinta, senza alcun dubbio, da Mario Monti, che ha rifilato un secco 2 a 1 al suo predecessore a palazzo Chigi. Risultato che non ammette discussioni, il sistema televisivo è prono al nuovo vincente. Qualcuno potrebbe dire che chiodo scaccia chiodo, ma qui si è in presenza di mosse ardite al limite del consentito in una democrazia parlamentare matura come la nostra. Alcuni esponenti politici hanno lanciato l’allarme, come Magdi Allam che sul Giornale di lunedì 24 dicembre ha scritto che:
“Monti sta perpetrando il crimine di trasformare uno Stato ricco in una popolazione povera, imprese creditrici in imprenditori falliti. Nonostante il maggior gettito fiscale grazie al più alto livello di tassazione al mondo e al regime di polizia tributaria che sta condannando a morte le imprese e le famiglie, il debito pubblico è aumentato di 153 miliardi e il Pil è calato del 2,4 per cento. Tutto ciò non accade perché Monti è un incapace ma all'opposto perché sta deliberatamente perpetrando il crimine di distruggere l'economia reale per offrirla in pasto alla speculazione finanziaria globalizzata. Gli 878.000 miliardi di dollari di titoli tossici creati dalle banche d'affari per inverarsi devono riciclarsi, così come avviene con il denaro sporco della Mafia, possedendo beni reali che, dato l'esorbitante ammontare pari a 12 volte il Pil mondiale, necessita del controllo dei governi. Quando il 16 gennaio 2011 Monti giurò sulla Costituzione di servire l'interesse nazionale dell'Italia, giurò il falso perché di fatto quel giorno lui era ancora nel direttivo della Goldman Sachs, di Moody's, del Gruppo Bilderberg e della Commissione Trilaterale, i poteri forti dietro alle quali si cela la speculazione finanziaria globalizzata.”
Questa situazione politica è stata dunque forzata in diversi passaggi, per ultimo nella conclusione anticipata della legislatura. Una riprova è nel discorso Monti all’inizio della conferenza stampa, quando  ha giustificato il fatto di aver chiuso anzi tempo i lavori parlamentari per le critiche espresse da Alfano alla Camera. Da un punto di vista di regole democratiche il ragionamento non sta in piedi, come ha dimostrato l’ex-presidente del Senato Pera in vari interventi. Infatti, si sono ben guardati dal far svolgere il benché minimo dibattito o anche solo una comunicazione in aula, visto che siamo in una democrazia parlamentare, per cui un po’ di rispetto della forma e della sostanza non guasta.
Con la salita al Colle dell’8 dicembre, per chiedere le elezioni anticipate e chiudere bottega, non si è capito subito che era in corso un “colpo di mano”, come ho scritto nel ultimo articolo apparso su questo giornale. Rimaneva ancora misteriosa la spiegazione di tanta fretta, cioè il motivo dell’improvvisa accelerazione che ha spiazzato tutti, da destra a sinistra.
Ora, dopo aver sentito la campana del senatore a vita, è possibile fare qualche congettura. La principale è quella sulla convenienza di tale mossa, a chi può servire.
Negli intrighi classici, l’assassino e quasi sempre il maggiordomo infedele, che cerca di impossessarsi di ciò che gestisce per nome e per conto del padrone. In questo caso, con tutto il rispetto dovuto, la figura del gestore è quella di Monti, come lui ha sempre detto e ribadito, visto che i referenti sono i partiti della sua strana maggioranza (PD, PDL e UDC) che lo hanno sostenuto in quel incarico.
I suoi “padroni” sono stati blanditi con l’idea della chiusura anticipata, che comporta il mantenimento del sistema elettorale delle liste bloccate, il porcellum, eludendo così la tanto sospirata riforma elettorale. Le segreterie dei partiti sono state ben felici di avere ancora una volta la possibilità di decidere gli eletti in Parlamento, di sostituirsi al giudizio popolare.
Se non che domenica Monti ha fatto intravvedere, con molto tatto, che il maggior beneficiario di tutta l’operazione è proprio lui. Mi spiego meglio: il presidente Napolitano ha sempre sostenuto che un suo coinvolgimento diretto nella competizione elettorale non sarebbe stato possibile, perché ci aveva già pensato lui nominandolo senatore a vita prima di affidargli l’incarico di premier. Invece non è così, nelle pieghe della attuale legge elettorale esiste una grossa opportunità per l’inquilino di palazzo Chigi: la figura del “capo-coalizione”.
Nella legge elettorale approvata nel 2005 c’è proprio tale figura che sta sopra ai partiti che formano una coalizione, per questo Monti parla di salire in politica, sale sopra ai partiti e ne diventa il capo. La legge al riguardo è molto generica, perché in quel momento è stata scritta pensando a Prodi e Berlusconi. Nessuno degli estensori è stato sfiorato dal dubbio che una tale opportunità potesse essere utilizzata diversamente, per cui la figura del capo della forza politica è molto generica.
E’ quasi indefinita, non è previsto alcun requisito. Potrebbe essere un galantuomo come un pregiudicato, un cittadino comunitario oppure un extracomunitario, forse anche minorenne. Tutto è possibile, quindi che sia anche un senatore a vita.
La normativa attuale consente questo escamotage, per cui può legittimamente concorrere alle prossime elezioni politiche del 24 febbraio 2013 come leader di una coalizione e mantenere il suo seggio al Senato.
Questa sembra una delle più consistenti ragioni che ha condotto alle elezioni anticipate, ovvero l’idea di non fare la riforma elettorale per sfruttare a pieno i trucchi del “porcellum”, che altrimenti si sarebbero persi.
Berlusconi, Bersani e la 2° edizione della sua “gioiosa macchina da guerra”, con i centristi, hanno fiutato il trucco e stanno correndo ai ripari, ma ormai è tardi per fermare il meccanismo, a loro non rimane altro che minacciare verbalmente di terribili ritorsioni il “maggiordomo infedele”.
E’ appena iniziata la campagna elettorale e già si assiste ad un rovesciamento di fronte, che prelude ad altri colpi di scena.
Monti, tra le tante cose dette alla conferenza, ha involontariamente rimarcato la differenza simbolica con il Natale, sottolineando che la politica è in “alto”. A Natale la Divinità si fa carne, umilmente scende tra la gente per portare pace e serenità. Invece, l’uomo di potere, che ha molte responsabilità nel Paese, sostenuto da corpose elite, orgogliosamente ”sale” in politica.