Due parole per chi non
l'avesse seguito la vicenda: nel 2010 Cota della Lega vince alle regionale del
Piemonte di pochissimo, per 9mila voti, contro la "zarina"
del PD Mercedes Bresso. I due candidati di centro destra e di centro
sinistra sono stati appoggiati da un mare di liste piccole e grandi. Dopo si è poi saputo che alcune di queste avevano grossi problemi di
validità delle sottoscrizioni nonchè di false attestazioni.
In
quel periodo era di moda la via giudiziaria, una specie di rivincita
delle elezioni,
ormai un classico nella politica italiana, aprendo un contenzioso
infinito (riepilogo in un altro post del Blog). Infatti, dopo quattro anni la vicenda è ancora in piedi
dopo essere andata e tornato da Roma più volte. Si arriva al 10
gennaio scorso,
quando il TAR di Torino ha emesso la sentenza definitiva di condanna
per Cota e disposto l'annullamento della proclamazione degli eletti.
Quindi, via Cota e tutto il Consiglio regionale del Piemonte, per la
lista di Giovine "Pensionati per Cota" illegittimamente
ammessa. Il TAR sostiene che "l'effetto
perturbante tale da alterare in modo non trascurabile la posizione
conseguita dalle liste, impone l'annullamento delle elezioni e la
rinnovazione del procedimento elettorale..."
Questo
è il classico caso di errore giudiziario, posso sbagliarmi, ma
l'annullamento dell'elezione di Cota motivato con il fatto che fosse
stato appoggiato da una lista circoscrizionale irregolare è un
clamoroso fraintendimento della legge elettorale da parte dei giudici
amministrativi. Ancora più incredibile è che non se ne siano
accorti i tanti avvocati incaricati di seguire il caso e difendere le
parti in causa. La spiegazione dell’errore è molto semplice. Prima
di tutto, c'è da definire in modo corretto il sistema elettorale
delle regionali, il "Tatarellum" del 1995 rivisto nel 1999,
in uso per il Piemonte ancora oggi. Se non si definisce correttamente
il sistema si incappa in questi errori e si prendono lucciole per
lanterne.
L’insieme
delle leggi elettorali per le regionali prevedono l'elezione diretta
del presidente della giunta regionale, fin dal 1999. Quindi una
competizione tra candidati presidenti, il primo che arriva vince
l'elezione e prende il premio. Questa è la formula classica del
maggioritario, non del proporzionale, come si è visto per il
porcellum per la Camera, qui in più c’è il nome di ogni candidato
sulla scheda in bella evidenza.
Non
c’è dubbio che sia un sistema maggioritario secco, non si discute
su questo. In contemporanea la legge prescrive che ci sia anche
l'elezione del consiglio regionale, sulla stessa scheda, con le
candidature raccolte in liste circoscrizionali (il riparto dei seggi
è fatto con la vecchia legge del 1968, che è di tipo proporzionale,
ma è solo un riparto seggi dopo che è stata definita la quota di
maggioranza e il residuo dei seggi di minoranza). Il fatto che
all'interno della coalizione di maggioranza salti una lista, come
quella contestata di Giovine, che ha avuto un seggio, ha come unico
effetto quello di mettere a disposizione della altre liste di
maggioranza, ammesse al riparto dei posti in consiglio, un seggio in
più. Meno che mai l'invalidamento delle elezioni del presidente
Cota, perché c'è una barriera invalicabile tra le due formule
elettorali. Come abbia fatto il giudice a confondere i sistemi è
comprensibile, per il modo di legiferare che c’è in Italia, con
leggi a incastro.
Il
prossimo 11 febbraio sarà decisivo, il Consiglio di
Stato dovrà decidere se accordare la sospensiva della sentenza
del TAR di annullamento delle elezioni del Piemonte. Potrebbe esserci
un ravvedimento generale, anche se tardivo, nel dare la giusta
interpretazione alle arzigogolate leggi elettorali italiane, anche
sotto la Mole Antonelliana.