domenica 2 febbraio 2014

Il dramma di Cota sotto la Mole Antonelliana di Torino

Due parole per chi non l'avesse seguito la vicenda: nel 2010 Cota della Lega vince alle regionale del Piemonte di pochissimo, per 9mila voti, contro la "zarina" del PD Mercedes Bresso. I due candidati di centro destra e di centro sinistra sono stati appoggiati da un mare di liste piccole e grandi. Dopo si è poi saputo che alcune di queste avevano grossi problemi di validità delle sottoscrizioni nonchè di false attestazioni.
In quel periodo era di moda la via giudiziaria, una specie di rivincita delle elezioni, ormai un classico nella politica italiana, aprendo un contenzioso infinito (riepilogo in un altro post del Blog). Infatti, dopo quattro anni la vicenda è ancora in piedi dopo essere andata e tornato da Roma più volte. Si arriva al 10 gennaio scorso, quando il TAR di Torino ha emesso la sentenza definitiva di condanna per Cota e disposto l'annullamento della proclamazione degli eletti. Quindi, via Cota e tutto il Consiglio regionale del Piemonte, per la lista di Giovine "Pensionati per Cota" illegittimamente ammessa. Il TAR sostiene che "l'effetto perturbante tale da alterare in modo non trascurabile la posizione conseguita dalle liste, impone l'annullamento delle elezioni e la rinnovazione del procedimento elettorale..."
Questo è il classico caso di errore giudiziario, posso sbagliarmi, ma l'annullamento dell'elezione di Cota motivato con il fatto che fosse stato appoggiato da una lista circoscrizionale irregolare è un clamoroso fraintendimento della legge elettorale da parte dei giudici amministrativi. Ancora più incredibile è che non se ne siano accorti i tanti avvocati incaricati di seguire il caso e difendere le parti in causa. La spiegazione dell’errore è molto semplice. Prima di tutto, c'è da definire in modo corretto il sistema elettorale delle regionali, il "Tatarellum" del 1995 rivisto nel 1999, in uso per il Piemonte ancora oggi. Se non si definisce correttamente il sistema si incappa in questi errori e si prendono lucciole per lanterne.
L’insieme delle leggi elettorali per le regionali prevedono l'elezione diretta del presidente della giunta regionale, fin dal 1999. Quindi una competizione tra candidati presidenti, il primo che arriva vince l'elezione e prende il premio. Questa è la formula classica del maggioritario, non del proporzionale, come si è visto per il porcellum per la Camera, qui in più c’è il nome di ogni candidato sulla scheda in bella evidenza.
Non c’è dubbio che sia un sistema maggioritario secco, non si discute su questo. In contemporanea la legge prescrive che ci sia anche l'elezione del consiglio regionale, sulla stessa scheda, con le candidature raccolte in liste circoscrizionali (il riparto dei seggi è fatto con la vecchia legge del 1968, che è di tipo proporzionale, ma è solo un riparto seggi dopo che è stata definita la quota di maggioranza e il residuo dei seggi di minoranza). Il fatto che all'interno della coalizione di maggioranza salti una lista, come quella contestata di Giovine, che ha avuto un seggio, ha come unico effetto quello di mettere a disposizione della altre liste di maggioranza, ammesse al riparto dei posti in consiglio, un seggio in più. Meno che mai l'invalidamento delle elezioni del presidente Cota, perché c'è una barriera invalicabile tra le due formule elettorali. Come abbia fatto il giudice a confondere i sistemi è comprensibile, per il modo di legiferare che c’è in Italia, con leggi a incastro.
Il prossimo 11 febbraio sarà decisivo, il Consiglio di Stato dovrà decidere se accordare la sospensiva della sentenza del TAR di annullamento delle elezioni del Piemonte. Potrebbe esserci un ravvedimento generale, anche se tardivo, nel dare la giusta interpretazione alle arzigogolate leggi elettorali italiane, anche sotto la Mole Antonelliana.