di Rossana Mondoni
Eravamo gioiosi
tutti e tre: tu, Daniele ed io, quando percorrevamo l’autostrada quel mattino
del 5 ottobre, felici di andare a Trieste, a pranzo dalla cugina Erminia che,
per l’occasione, aveva allestito una tavola da sposi. Ci attendeva, ci
attendevano in tanti: il cugino Pino e la sua numerosa famiglia, tanti altri
parenti e amici, le autorità del Comune, della Provincia e della Regione, per
la commemorazione del 70° del martirio di Norma, prevista nel pomeriggio, poi
la visita al cimitero di santa Domenica il giorno successivo e l’incontro con
la Comunità istro-veneta locale. Alle 11, all’autogrill di Cessalto, a meno di un’ora
dalla meta, mi hai chiamato per sorreggerti. All’improvviso accade tutto: senza
dire nulla, hai salutato con un sorriso e ti sei accasciata tra le mie braccia.
Il tuo viaggio terreno è finito. Confesso che non ero pronta.
Ora, guardo il feretro davanti all’altare
della chiesa dell’Assunta, a Ghemme, sopra al quale sono stati posati dei fiori
e una piccola scatola contenente la terra rossa d’Istria, davanti un piccolo tuo
ritratto, sono la testimonianza che tu cara Licia, piena di energia e di voglia
di vivere, sei passata alla Storia.
In giovane età sei stata trascinata nella
tragedia di tua sorella Norma, di tuo padre Giuseppe e di molti altri
familiari, dopo di che sei diventata portavoce e testimone di quella storia del
confine orientale che alla fine della seconda guerra mondiale ha coinvolto
centinaia di migliaia di italiani, strappati dalle loro terre solo perché
volevano rimanere italiani e non accettavano il regime comunista del
maresciallo Tito.
La chiesa è gremita di persone, davanti sul
lato sinistro sono schierati i labari delle ANVGD provinciali di Novara, Monza
e Varese, seguito da quello del Movimento nazionale Istria Fiume Dalmazia.
Rassicura la presenza del grande gonfalone della città di Pola tenuto dritto da
Tito Lucilio Sidari, vicesindaco in esilio, che non manca mai, accorso un’ultima
volta per abbracciarti. Davanti a tutti il gonfalone del Comune di Ghemme. Nei primi
banchi, tua figlia Norma con gli amati nipoti, seguiti dalle fasce tricolori
del presidente del consiglio comunale di Arona e del sindaco di Ghemme, che ha
proclamato il lutto cittadino a rimarcare l’affetto della comunità e la solennità del momento. Il
celebrante don Piero ha parole toccanti nella sua predica. Tutti i presenti rendono
onore alle battaglie che hai condotto per far emergere la verità dei fatti
contro chi tende a confondere e sminuire gli eventi storici. Vengono alla mente
i tuoi racconti di quei terribili giorni di fine settembre del 1943 quando,
insieme a tuo cugino Pino, andavi in bicicletta all’ex caserma di Visignano
prima e poi in quella di Parenzo a cercare Norma, per portarle qualcosa da
mangiare, qualche indumento per la notte sperando che qualcuno dei feroci
carcerieri dal berretto con la stella rossa, provasse pietà e te la lasciassero
portare a casa. Invano.
Sei stata una donna molto forte e saggia,
sapevi ricordare senza odiare: “Rispetto
tutti i morti, so bene che di angherie e crimini di guerra ce ne sono stati sia
da una parte che dall’altra, allora non sapevamo degli orrori dei campi di
sterminio nazisti, vorrei che venissero riconosciute anche le foibe e la
sofferenza che ha dovuto patire il popolo
giuliano, fiumano, istriano e dalmata”.
Hai dimostrato coraggio, così quando tua
madre te lo chiese, col cuore in gola, acconsentisti a lasciare la tua amata
Istria e a partire di notte con una zia, passando attraverso i boschi, alla
volta di Trieste lasciandoti alle spalle la casa di famiglia, che non avresti
mai dimenticato. Anticipasti di oltre due anni, quello che sarebbe stato
l’esodo di 350 mila italiani verso una patria, l’Italia, che si dimostrò poco
ospitale.
“Sono
stata fortunata - mi dicevi - perché non
sono finita in un campo profughi, grazie a mio marito che mi ha dato una casa e
tutto quello che mi era stato strappato compreso il calore di una famiglia”.
Il marito Guido Tarantola, pilota
dell’aeronautica, conosciuto a Gorizia a casa di parenti nel settembre 1944, ti
ha portato in Piemonte, a Novara e a Ghemme, dove dopo vicende alterne, ti sei
stabilita definitivamente negli anni Settanta. E’ lì che ci siamo incontrate
quando la mia vicenda si è intrecciata con la tua e ho scoperto, non senza
rammarico, che i miei studi di storia all’università di Milano erano stati
condizionati da molta ideologia. Con delicatezza, per non offendere la mia
suscettibilità, mi hai aperto la strada del mondo degli esuli, facendomi
conoscere molti testimoni e leggere i loro scritti. Insomma, ho imparato ad
affacciarmi alla storia, quella vera, priva di pregiudizi ed io, figlia di
deportato civile nel campo di Mauthausen, ho appreso quello che non immaginavo
fosse accaduto, della tragedia delle foibe avvenuta per mano dei partigiani comunisti di Tito
aiutati spesso da partigiani italiani. Mi raccontavi di non festeggiare il 25
aprile, perché al confine orientale quella data
non rappresenta la “liberazione”,
ma l’inizio di atroci sofferenze. Bisogna raccontare questo pezzo della storia
italiana, senza aver paura della verità. Questo è stato l’intento del nostro
primo libro, pubblicato da Marco Pirina nel 2007, dal titolo “La
verità per la riconciliazione” e del successivo “Nel nome di Norma”, di riconciliare
gli animi senza dimenticare di rendere onore a chi ha sofferto. Un compito che è
stato pesantissimo. Hai bussato a tutte le porte, scritto a ministri e politici
di ogni colore, fino a quando nel 2004 è stata
finalmente riconosciuta la tragedia del tuo popolo, con la legge
istitutiva del Giorno del Ricordo e nel dicembre del 2005 sono state assegnate
le prime onorificenze, tra le quali la medaglia d’oro al merito civile a Norma,
che esibivi orgogliosamente sul petto in tutte le manifestazioni ufficiali.
La stessa che ora porta tuo nipote
Vittorio, salito al pulpito al termine della messa a leggere la toccante preghiera
dell’Esule che previdentemente avevi lasciato in consegna.
La preghiera è molto bella, mi spinge con
decisione a raccogliere il Tuo
“testimone”, morale e storico, proseguendo sulla strada che hai indicato.
(Rossana Mondoni)
La preghiere è nella pagina di Storia di questo Blog :
http://danielevittoriocomero.blogspot.it/p/storia.html
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