Leggendo i giornali, a volte, viene il dubbio che diluire il
latte con acqua, vendere olio d’oliva come extravergine o raschiare monete
d’oro siano operazione consentite, quasi normali. Con la scusa che fanno così
in tanti, allora tutto è concesso. E’ il caso degli USA e di Obama, oggi
nell’occhio del ciclone per aver sostenuto un complesso sistema di
intercettazioni delle comunicazioni a tutti i livelli, con la giustificazione
di una presunta difesa della sicurezza nazionale.
Passata
l’infatuazione che ha contagiato il mondo occidentale verso il nuovo politico,
culminata con la consegna ex-ante del premio Nobel per la pace, ora emergono i
lati oscuri di Obama.
In questi
ultimi anni, con la scusa della crisi finanziaria dei mutui sub-prime del
2007-2008, scoppiata con Bush junior, il problema maggiore non è quello delle
“spiate” invadenti, bensì quello di inondare il mercato mondiale di dollari. La
situazione appare critica: gli americani producono più dollari che beni reali, è
come se stessero allungando con acqua il vino prodotto negli anni scorsi, per
far tornare i conti.
Si ha così
l’effetto di mettere fuori gioco chi produce veramente ricchezza. Come si può
immaginare, la quantità di interessi è enorme, per cui la posta in gioco è
altissima, ed è visibile nei continui contrasti sui mercati finanziari, che
schiacciano l’economia reale.
Sono in
corso delle vere e proprie “Guerre
della finanza” – titolo di un libro appena uscito per i tipi della CEDAM
– scritto da Nicola Walter Palmieri, che ieri è stato presentato all’Hotel dei
Cavalieri e domani alla Società Umanitaria di Milano (30 ottobre, alle ore
17).
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