venerdì 11 gennaio 2013


Bersani, Berlusconi, Grillo, il trio "Sciagura"  e l'Anatra zoppa 

Il quadro politico di queste elezioni finalmente si sta delineando e si capisce qualcosa in più. Venerdì, sabato e domenica 13 gennaio, al Ministero degli Interni c’è la presentazione dei contrassegni di partito, il deposito dei programmi con il nome dei capi coalizione per le prossime elezioni del 24 febbraio. E’ molto probabile che dopo il voto i programmi della sinistra e della destra verranno messi in un cassetto. C’è la sensazione che la gara sia taroccata, come tante altre in Italia.
Ufficialmente la campagna elettorale non è ancora iniziata ed è già virtualmente finita, perché l’attenzione è ormai rivolta a dopo le elezioni, a fare calcoli su calcoli su cosa potrà succedere a marzo quando si riuniranno per la prima volta le Camere.
La questione in sospeso è la seguente: il vecchio Caimano riuscirà a riprendere ancora una volta la stolta “Anatra zoppa” del Senato? La risposta è già contenuta nella domanda, nel senso che fino ai primi di dicembre, un mese fa, nessuno dei democratici del PD e dei montiani del trio ”Sciagura” pensava fosse possibile una simile folle rincorsa.
Invece, eccoci qua a fare le somme con il bilancino per stimare la futura maggioranza al Senato. Sarà un caso, ma di questo difetto del sistema elettorale, ne ho parlato nel libro scritto con Giorgio Galli, Stella e Corona, che evidentemente i bersaniani non hanno comperato, ne preso a prestito dalla biblioteca.

Inizialmente i conteggi sulla futura composizione della maggioranza al Senato davano sempre in vantaggio la coalizione PD-SEL, con 170 seggi su 315. Dopo un mese, gli scenari sono in forte evoluzione, per il recupero in corso della coalizione PDL-Lega, composta anche da una miriade di partitini come Fratelli d’Italia. Alla Camera Bersani dovrebbe vincere facile e prendersi il premione di 340 seggi su 630, come dispone il porcellum, mentre al Senato i premi sono regionali, per cui bisogna sommare gli esiti di ogni regione.
Quelle più grandi contano parecchio.
A questo punto entra in funzione l’azzoppa coalizioni, che funziona: se le due principali coalizioni  sono più o meno pari come voti, i seggi assegnati possono cambiare di molto. In Lombardia, quella che perde il premio, anche per solo per un voto, prende 12 seggi, ha stimato D’Alimonte sul Sole24Ore, invece di 27. L’inverso in un’altra regione, con un effetto di compensazione accentuato dalla presenza di varie minoranze. D’Alimonte ha calcolato varie situazioni, se Bersani non ce la dovesse fare a vincere in Lombardia e Veneto, otterrebbe una quota in Senato molto risicata, intorno ai 155-157 seggi su 315.
Queste cifre possono far aprire una campagna acquisti o determinare una nuova coalizione di governo.
Bersani in questo momento non appare avere idee fresche, ha già dato tutto da un punto di vista comunicativo nei mesi scorsi, è come un fondista che non è in grado di fare lo sprint finale. Senza una sua maggioranza autonoma al Senato, Bersani è spacciato, non potrà fare il premier, con il sollievo di quanti, soprattutto nella parte appiedata del suo partito, lo ritengono non adeguato al ruolo di capo del governo.
Condizione che condividerà con altri suoi colleghi, Monti, Grillo, Ingroia e Berlusconi, che notoriamente, per varie ragioni, non sono proponibili a tale ruolo. Tutti i capi coalizione in corsa sono destinati a non essere proposti come futuri premier. Però, siamo una repubblica parlamentare, i governi si presentano in Parlamento, come da Costituzione, non alle urne.

immagine tratta da: sardegnademocratica.it